Deus nihil vult sine ratione, 1678-81
A VI 4, 1388-89
Dio non vuole nulla senza ragione
Lo si prova generalmente da ciò, che nulla accade senza ragione. Infatti nulla esiste se non esistono tutti i requisiti della sua natura. Ma le esistenze di tutti i requisiti, prese insieme, sono la ragione della cosa. Qui va notato, tra l’altro, che se una cosa non ha che un unico requisito, ossia è di natura chiaramente semplice, tale cosa (beninteso: se esiste), esiste per se stessa, cioè è necessaria, ossia la sua essenza implica l’esistenza: ossia la una cosa siffattta ha la ragione di esistere in se stessa. Sia infatti una cosa A, di cui tutti i requisiti siano b e c; è evidente che la ragione dell’esistenza di A è l’esistenza di b + l’esistenza di c. Ma se la cosa A ha soltanto un unico requisito b, è evidente che A è equivalente a quel b, poiché in A non si può concepire nulla oltre b e, pertanto, la ragione dell’esistenza di A è l’esistenza di b, ossia dello stesso A; e quindi A è ragione di esistenza a se stesso, ossia esiste necessariamente.
Inoltre la volontà di Dio non è necessaria, ma libera, cioè dipende dalla considerazione del fine o del buono. E pertanto la volontà ha i requisiti sia in Dio sia nell’idea dell’oggetto: in Dio, l’onniscienza; nell’idea dell’oggetto la bontà, ossia l’attitudine ai fini stabiliti da Dio. E così, dire che una qualche volontà, in Dio o in qualcun altro, è senza ragione, è come dire che la volontà in genere è un ente per sé, cioè un ente che manca di requisiti: ossia un ente il cui concetto non è risolvibile. Però è evidente che il concetto della volontà è risolvibile in altri concetti.
Non vedo cosa ci sia di ostico in questa opinione. Infatti è universalmente ammesso che Dio, quando tra le opzioni ve n’è una più perfetta delle altre, sceglie sempre ciò che è perfettisssimo e lo fa senza pregiudizio per la sua libertà. Poniamo dunque che non si trovino mai due cose ugualmente preminenti rispetto alle altre, ma sempre vi sia una cosa più perfetta delle altre, ipotesi che certamente non ha nulla di impossibile o assurdo. Anzi, è assai probabile, perché le essenze delle cose sono come i numeri e non vi sono due numeri uguali1). Ammessa dunque questa ipotesi, è affatto manifesto, come abbiamo detto, che Dio non fa mai alcunché senza ragione.
Cartesio e Spinoza dissentono apertamente. Cartesio sostiene che Dio non vuole le cose perché sono buone, bensì che le cose vanno considerate buone perché Dio lo vuole. Opinione pericolosissima: ne segue infatti che non esiste nessuna giustizia di Dio e invece la volontà sta in luogo di ragione. Spinoza sostiene che quelli che pongono in Dio una libertà d’indifferenza sbagliano assai meno di quelli che ritengono che Dio agisca in ragione del buono.
— trad. ep 2011 LLab