Scientia media, novembre 1677
A VI 4, 1373-74
La scienza media
Novembre 1677
Il principio sommo che nulla è senza ragione pone termine a numerose controversie metafisiche. Sembra infatti che gli scolastici non possano negare che non accade nulla riguardo a cui Dio non potrebbe, se volesse, rendere ragione del perché sia fatto piuttosto che non. E perché non si può dire lo stesso pure dei futuri condizionati, intorno ai quali Fonseca e Molina hanno introdotto una scienza media? Dio sa che cosa avrebbe fatto un bambino se fosse cresciuto, ma inoltre, se volesse, potrebbe rendere ragione di questa sua scienza e convincere chi ne dubitasse, dato che anche un qualsiasi uomo lo può fare imperfettamente. Dunque la scienza di Dio non consiste in qualche visione, che è imperfetta e a posteriori, bensì nella conoscenza della causa, a priori. Poniamo che Pietro si trovi in certe particolari circostanze, munito di qualche sicuro aiuto della grazia, e che Dio mi permetta di domandargli che cosa farebbe Pietro in tale stato. Non dubito che Dio possa rispondere qualcosa di certo e infallibile, benché, con mio stupore, taluni scolastici abbiano osato dubitarne. Poniamo dunque che Dio risponda che Pietro respingerà la grazia. Domando dunque se Dio possa rendere ragione di questa sua affermazione, così da potermi dare la scienza di tale evento. Se diremo che Dio non lo può fare, la sua scienza sarà imperfetta, se diremo che Dio lo può, è evidente che sarà distrutta la scienza media. Secondo i veri filosofi e Sant’Agostino, la ragione per cui Dio conosce le azioni, necessarie o libere, assolute o condizionate, delle cose, è la perfetta cognizione delle nature di esse, così come il matematico sa che una certa proposizione si può, in un certo caso, dimostrare con riga e compasso, o quale effetto sarà prodotto da una certa macchina, se sarà congiunta a certe cose e certe forze. Poniamo che Paolo sia posto nelle stesse circostanze in cui è stato posto Pietro, con gli stessi ausilii, e che Dio mi dica che mentre Pietro respingerà la grazia, Paolo l’accetterà: è comunque necessario che dia una qualche ragione della differenza ed essa non potrà cercarsi altrove che nella petrinità e paolinità, ossia nella natura della volontà di Paolo e la natura della volontà di Pietro, la qual differenza tra quelle due libertà fa sì che l’uno scelga in questo modo e l’altro nell’altro. Ma è necessario che questa differenza, anche in ordine a tale scelta, sia nota a Dio e che, se si degnasse di spiegarmela, la comprenderei; e così acquisterei la piena scienza a priori dell’evento futuro condizionato. Secondo gli autori della scienza media, Dio non potrebbe rendere ragione della sua affermazione, né spiegarmela. Potrebbe dire soltanto, a chi gli chiedesse perché affermi che il futuro sarà così, che vede quell’atto così rappresentato in quel grande specchio posto in lui, nel quale appaiono tutti i presenti, futuri, assoluti, condizionati. La qual scienza è puramente empirica e non soddisferebbe neppure Dio stesso, perché non comprenderebbe la ragione per cui nello specchio sarebbe rappresentato questo piuttosto che quello, allo stesso modo di chi trova i numeri già calcolati nelle tavole ma non è in grado di calcolarli da sé. Dio conosce i futuri assoluti perché sa che cosa ha decreterà e i futuri condizionati perché sa che cosa decreterebbe. E sa che cosa decreterebbe, perché sa che cosa, in quel caso, sarà ottimo (decreterà infatti l’ottimo), senza di che seguirebbe che Dio non possa sapere con certezza che cosa egli stesso farebbe in quel caso. Magnifica asserzione di Scoto, che l’intelletto divino non conosce nulla (dalle materie di fatto) che non abbia determinato, altrimenti si svilirebbe. Bell’asserzione di Vasquez, che la volontà non può scegliere tra due oggetti se non si rappresenta con più forza la bontà di uno dei due. Come mostra Macedo nella Differenza tra Tommaso e Scoto, coll. XI, diff. I, Sulla scienza media. 1)
– trad. ep 2012 LLab