Gottfried Wilhelm Leibniz (1646-1716) fu un grande matematico, filosofo, giurista, storico e diplomatico. Dimostrò sin da giovanissimo il suo talento per lo studio, tanto che il suo tutore gli permise a soli otto anni di accedere alla biblioteca del padre, notaio e docente universitario, scomparso due anni prima. Egli poté così affiancare a un’ottima preparazione scolastica anche una formazione da autodidatta sui classici latini, medioevali e rinascimentali, nonché sui teologi luterani e antiluterani. L’incontro con i filosofi moderni pare avvenne più tardi, appena iniziata l’università (1661). Studiò filosofia e giurisprudenza nelle università di Lipsia e Altdorf.
Terminati gli studi, dopo un breve passaggio per Norimberga e Francoforte, entrò a servizio dell’elettore del Mainz come uomo di legge (1668). Quattro anni dopo si recò per una missione diplomatica a Parigi, uno dei principali centri culturali europei, dove si dedicò in particolar modo allo studio della matematica, con la collaborazione di Huygens. Nel 1673 accompagnò una delegazione franco-tedesca a Londra, dove ebbe modo di presentare una macchina calcolatrice di sua invenzione durante un’assemblea della Royal Society, della quale ebbe l’onore di diventare membro poco dopo. Nel medesimo anno rafforzò i legami con il duca di Hannover, che gli offrì di diventare dapprima consigliere di corte e poi anche bibliotecario. Dopo una seconda spedizione a Londra, e un passaggio in Olanda dove riuscì a far visita a Spinoza, Leibniz prese servizio sotto Johann Friedrich von Braunschweig-Lüneburg alla fine del 1676.
Gli anni di Hannover lo videro attivo su molteplici fronti. Oltre alla fitta corrispondenza con diversi altri intellettuali europei e al proseguimento degli studi di matematica, si segnalano anche le seguenti iniziative. L’ampliamento del patrimonio librario della biblioteca di corte, che gli consentì di avere sotto mano molte importanti opere antiche e contemporanee. La collaborazione con la rivista «Acta Eruditorum» di Lipsia. La realizzazione di un sistema di drenaggio delle miniere dello Harz basato sui mulini a vento. Il progetto di fondare un’Accademia delle scienze tedesca. Il lavoro diplomatico e speculativo a favore della riunificazione delle chiese. Nel 1685 in nuovo duca Ernst August gli chiese di ricostruire la storia del casato (nel frattempo, e grazie anche agli sforzi diplomatici di Leibniz, Hannover era diventato principato elettorale).
La ricerca dei documenti per espletare questo incarico lo portò progressivamente sempre più verso sud, a partire dal 1687. Leibniz approfittò di questi viaggi per intrecciare, come d’abitudine, numerosi contatti di natura politica e intellettuale. Dopo un periodo in Austria giunse infine anche in Italia, dove grazie ai missionari gesuiti viene a conoscenza della cultura cinese. Tornato ad Hannover nel 1690, negli anni seguenti fu occupato a portare avanti tre progetti principali: la stesura della storia della casata, lo sforzo di ottenere l’unificazione almeno delle Chiese protestanti e, sopratutto, lo sforzo di fondare l’Accademia prussiana delle Scienze. Quest’ultima venne infine istituita a Berlino nel 1700, e Leibniz fu nominato presidente a vita. Da due anni però, sul trono di Hannover era salito Georg Ludwig, che mal sopportava i continui viaggi richiesti dagli impegni scientifici di Leibniz (dal 1691 era divenuto anche direttore della biblioteca di Wolfenbüttel), che lo distoglievano dalla sua occupazione principale di storico.
Tra il 1712 e il 1714 soggiornò a Vienna, dove fu nominato consigliere di corte e frequentò grandi personalità della politica europea, come l’imperatore Carlo VI d’Asburgo e lo Zar Pietro il Grande. Sebbene fondata dopo la sua morte, l’Accademia delle Scienze di Pietroburgo deve molto per la sua nascita ai colloqui di Leibniz con lo Zar. Gli ultimi due anni della sua vita li trascorse nuovamente ad Hannover, dove però i rapporti con il principe elettore, nel frattempo diventato re Giorgio I d’Inghilterra, si erano irrimediabilmente deteriorati. Leibniz non riuscì a farsi trasferire a Londra, e al momento della sua morte, nel Novembre 1716, nessun membro della corte presenziò ai funerali. A detta di molti, Leibniz fu l’ultimo genio universale della storia europea.
La produzione filosofica di Leibniz fu molto abbondante, ma in gran parte costituita da brevi saggi, note, appunti, commenti e numerosissime lettere scambiate con altri intellettuali della sua epoca. Le opere di un certo respiro, e in qualche modo capaci di esprimere buona parte del suo sistema di filosofia, sono poche e per lo più risalgono all’ultimo periodo della sua vita. Ciò nonostante, le dottrine di Leibniz sono dotate di grande coerenza interna, e costituiscono una delle più affascinanti testimonianze della storia della filosofia moderna. In esse sono visibili l’influenza e l’esplicità volonta di collegarsi sia agli studi di Leibniz negli altri campi del sapere (in primo luogo quello matematico), sia alle tesi dei principali filosofi europei del periodo (Hobbes, Descartes, Spinoza, Malebranche, Newton e Locke).
Le tesi più caratteristiche della filosofia di Leibniz sono le seguenti.
Il super-essenzialismo (ogni aspetto di un individuo contribuisce alla sua identità).
Pensare è calcolare (la verità consiste in una relazione tra concetti).
Le monadi sono specchi viventi dell’universo (tutto è connesso con tutto).
L’ipotesi dell’armonia prestabilita (l’indipendenza ontologica delle sostanze).
Il nostro è il migliore dei mondi possibili (la teoria della modalità).
Opere principali:
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